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sabato 13 ottobre 2012

KILLER BILLY

Il ritorno del grande Friedkin


Ma perché, se ne era forse mai andato? Ultimamente, per scelta, aveva deciso di godersi la vita con la sua amatissima (e bellissima) Sherri Lansing, ex boss della Paramount, sua moglie dal 1991. Trattato sempre come un principe, dopo il Wozzek di Alban Berg al Comunale di Firenze nel 1998, ha messo in scena moltissime opere liriche in tutto il mondo, si è dedicato ai viaggi, alla fotografia e a scrivere la sua autobiografia, che dovrebbe uscire nella primavera del 2013 (conoscendolo, sarà una lettura colta, sincera e ricca di divertenti aneddoti). Ma il suo ultimo film, Bug, adattamento di un'altra pièce teatrale di Tracy Letts, da noi era uscito direttamente in home video nonostante le ottime critiche ottenute ovunque.
Il fatto è che, superati i 70 anni, Billy Friedkin è tornato al cinema indipendente, che gli permette di sperimentare e osare - come nella sua Hollywood degli anni Settanta erano le major a fare - e quindi di divertirsi facendo quello che ama e sa far meglio. Ma non solo. Il suo è anche un ritorno alla ferocia e alla libertà creativa di due film splendidi come The Birthday Party (Festa di compleanno, 1968) e The Boys in The Band (Festa di compleanno per il caro amico Harold, 1970) tratti da due lavori teatrali – rispettivamente di Harold Pinter e Mart Crowley - a prova di bomba.
Vedendo Killer Joe, oltre al film, mi ha divertito pensare a quanto gli deve essere piaciuto girarlo e dirigere i suoi attori, soprattutto nell'ormai famosa e magistrale scena del blowjob con la coscia di pollo. Uno scherzetto da ragazzi per uno che, per vendicarsi dei continui tagli richiesti dall'MPAA, chiese al montatore Bud Smith di intervallare gli omicidi di Cruising con sequenze subliminali di penetrazioni gay, visibili in slow motion ma non a velocità normale. E che aveva costellato anche il film di una major, Jade - bellissimo e incompreso - di sequenze e gadgettistica ad alta gradazione erotica. 
Vedere Killer Joe è stato quindi un po' come rivedere il primissimo Friedkin, anche se la scrittura di Tracy Letts, che nei momenti migliori sembra un Tennessee Williams che si è appena calato un acido, non è comunque all'altezza di quella di Pinter e Crawley.
Ma c'è davvero tanto Friedkin in questa storia di white trash people. La trama, come noto, è incentrata su un poliziotto che è anche killer a pagamento e viene assunto da una famiglia pluridisfunzionale: un padre semi deficiente sposato in seconda nozze a una donna provocante e infedele (una fantastica scelta di casting: chi è più strappona di Gina Gershon?), una figlia leggermente ritardata ma pura e sognatrice e un figlio in perenne debito con gli spacciatori. Killer Joe viene chiamato per far fuori l'ex moglie dell'uomo e madre dei due ragazzi, una tossicodipendente, e permettere all'allegro gruppetto di incassarne l'assicurazione sulla vita e risolvere tutti i suoi problemi. E ovviamente niente va come previsto.
Per quanto possano apparire estremi questi personaggi e tutto quello che succede loro, se parlaste con William Friedkin lui vi convincerebbe in tempo zero di averne incontrati molti nella vita reale. 
La sua bravura sta anche, come sempre, nella direzione degli attori: a parte Chevy Chase e tutto il cast de L'albero del male, Friedkin è stato capace di rendere espressivo anche William Petersen e di ottenere emozioni autentiche da non professionisti (magari con uno schiaffone dato a tradimento, come quello rifilato a padre Bill O'Malley sul set de L'esorcista), e qui trae il meglio da un cast di ottimi caratteristi e protagonisti non sempre brillanti altrove. Primo fra tutti, ovviamente, Matthew McConaughey, di cui Friedkin sa anche ben sfruttare il particolare e pericoloso fascino da rettile.
Killer Joe è una commedia nera, un thriller, e ha un bellissimo showdown finale. E' un capolavoro? A parer nostro è un film intelligente, divertente e feroce, ma è essenzialmente un divertissement. Anche se a noi ha fatto l'impressione di un riscaldamento in previsione di qualcosa di più impegnativo, è molto probabile che sia quella del piccolo budget e della libertà assoluta la nuova dimensione di William Friedkin.
E' bello però che nel cinema dei nostri giorni, vuoto di idee e strapieno di cloni, remake, reboot, noia cosmica in 3D, tempi dilatati e azione scervellata, ci sia ancora la possibilità di vedere 100 minuti di puro filmmaking firmati da un grande come William Friedkin.Che, a 73 anni suonati (sorry ma io resto fedele alla data di nascita che lui mi ha giurato vera e che provocò il nostro unico litigio), ha ancora l'entusiasmo, l'irruenza e la chutzpah del ragazzo che negli anni Settanta aveva in pugno Hollywood e la mandò a quel paese.

2 commenti:

Mario ha detto...

Tornando al cinema, ricominci da Friedkin. Mi sembra giusto :)

Gianluigi ha detto...

Che film che ha diretto Friedkin! Gli attori sono stati tutti bravissimi! voto 8