A VOLTE RITORNANO
Pensieri seriali di una blogger in affanno
Mamma mia, quanto tempo che non ci
vediamo! Com'è che si dice in questi casi? Ho avuto tanto da fare. E in effetti è così. Ho scritto di più per il sito di Coming Soon e
qualche piccola cosa, con mia grande soddisfazione, anche per "Film
Tv", oltre alla solita lotta contro il tempo che manca, i mezzi pubblici e la
sopravvivenza quotidiana in una Roma sempre più matrigna, i problemi
della figlia preadolescente e i soliti casini assortiti, e siamo già arrivati a metà maggio.
Probabilmente per portare avanti un
blog con una certa continuità non bisogna scrivere per lavoro. Dal
momento che io, nel mio pochissimo tempo libero, devo vedere film e
serie tv, leggere, scrivere e tenermi informata, alla fine il
blog-diario è il primo a essere sacrificato. Ma a me piace
condividere le mie passioni, e questo è il mio spazio privilegiato
per farlo, per cui cerco di riprendere le fila del discorso, se non
vi dispiace.
E sono lieta di iniziare con un
annuncio ufficiale, che alcuni di voi già hanno ascoltato: per un
puro caso, quasi in contemporanea con l'autobiografia di William Friedkin e il Leone d'Oro alla carriera che riceverà finalmente a
Venezia, a gennaio 2014 uscirà in ebook e ad un prezzo assolutamente
economico, la mia monografia a lui dedicata, aggiornata e con delle
novità. Per tutti quelli che me l'hanno chiesto nel corso degli
anni, dunque, ecco qua: "Friedkin. Il brivido dell'ambiguità",
prossimamente su tutti i Kindle e gli iPod.
E dal momento che i cadaveri a forza di
aspettare sulla riva del fiume iniziano a passare, sono tornata in
possesso anche dei diritti del mio "Ciak si trema", proprio quello che
ha dato origine a questo blog, che inizierò ad aggiornare in
previsione di un'uscita in ebook che mi permetterà finalmente di
correggere tutti gli errori storici e quello che non posso vedere
dell'edizione cartacea: a partire dalla copertina e dalla dedica a
una persona che non la meritava. Detto questo, torniamo a parlare di
visioni.
Allora, le mie passioni televisive
principali in questi 2 ultimi mesi sono state sicuramente Bates Motel
e Hannibal. Su quest'ultimo leggerete un pezzo introduttivo su "Film
TV", mentre ne parlerò più approfonditamente alla fine della prima
stagione, che spero vivamente non sia l'ultima, visto che Bryan
Fuller (Dead Like Me, Pushing Daisies, Waterfalls, insomma ci siamo
capiti no?) è perseguitato – come molta gente troppo creativa - da
una specie di maledizione per cui gliene concedono al massimo due.
Sono poi arrivata alla fine della
sesta, ottima stagione di The Mentalist (Red John ti mette le ali), e
sto seguendo la seconda, altrettanto ottima, di Grimm. E poi c'è
stata la riscoperta di Game of Thrones, che dopo due stagioni per me
non entusiasmanti, pare aver preso veramente il volo con le prime sei
puntate della terza, diventando al tempo stesso più cattiva, più
appassionante, più sorprendente: chapeau! E' stato bello poi
ritrovarci Iwan Rheon, dopo Misfits, nel ruolo di un sadico
torturatore.
E a proposito di quest'ultimo attore
(salto di palo in frasca, ma così sarà quasi tutto questo post,
come una serie di appunti) lo abbiamo rivisto anche nella sitcom
inglese Vicious, nel ruolo del vicino di casa etero, vestito con
improbabili pullover aderenti anni Settanta.
Ecco, anche su questo show voglio
spendere due parole, anche perché non ho ancora capito se mi piace o
no, però continuerò a guardarlo, e ora vi dico il perché. La
struttura è quella della tipica sitcom: 20 minuti di durata, unico
ambiente o quasi, e protagonista è una coppia attempata, bitchy e
grumpy che non si risparmia cattiverie tremende. Nulla di che, se non
fosse che il duo in questione è composto da Sir Ian McKellen e Sir
Derek Jacobi, due grandissimi attori inglesi ultrasettantenni, che
con gusto perverso mettono in scena una coppia di gay che vive
insieme da 48 anni senza più sopportarsi. Sono tanto cattivi e sopra
le righe che a volte viene da chiedersi come sarebbe stato
accolto lo show se a interpretarlo fossero stati due attori etero e non due
dichiarati omosessuali come loro. Gusto rétro e cattivo gusto si
sposano in un matrimonio agrodolce che lascia un po' di imbarazzo in
chi ride, visto che sembra di assistere, non invitati, alle diatribe
private di due persone condannate a condividere la vita senza nulla
in comune (come in un normale matrimonio medio, insomma).
Ma torniamo a bomba, al fantastico e al
discorso dei prequel. Al cinema non funzionano quasi mai: c'è poco
tempo e modo di approfondire, e quindi nella migliore delle ipotesi
si resta insoddisfatti, ma in tv è tutto un altro paio di maniche.
Dicevamo di Bates Motel, creato da Carlton Cuse per A&E, e
ispirato sia al personaggio di Robert Bloch che al film di Hitchcock, e
che mi ha piacevolmente sorpreso. Chi se ne frega se è ambientato ai
tempi nostri, in un'altra località, e se Norman e la madre usano il
cellulare. Il Motel è proprio quello e gli autori hanno fatto un
grande sforzo di immaginazione nel mostrarci un adolescente
problematico e nel dipingere il suo rapporto con la madre e il
fratellastro maggiore.
La storia è semplice: dopo la misteriosa morte
del violento marito, la bella vedova Norma Bates si trasferisce col
figlio a White Pine Bay, una cittadina costiera dell'Oregon, dove ha
comprato coi soldi dell'assicurazione del defunto un motel dall'aria
sinistra e piuttosto malandato, che inizia a ristrutturare. Non è la
prima volta che la piccola famigliola cambia residenza, e Norma è
iperprotettiva nei confronti del figlio diciassettenne, mentre non
vuole saperne del maggiore che a un certo punto li raggiunge.
Ma
anziché l'inizio di una nuova vita, il trasferimento segna una
discesa nell'incubo per i tre. Senza spoilerare niente, vi diciamo
solo che la pacifica cittadina nasconde mostri alla Twin Peaks (le
cui atmosfere sono volutamente ricordate), c'è un giro pesante di
droga e schiavitù sessuale, Norman conosce in senso biblico la sua
prima bionda, ha un'amica gravemente malata ma piena di vita, impara
la tassidermia. E molto, molto altro. Gli attori sono davvero bravi e
belli, da Vera Farmiga (un'attrice che ci è sempre sembrata
antipatica e che mette a servizio della storia questa sua
caratteristica) al protagonista Freddie Highmore, alto, magro e
impacciato come Anthony Perkins, tanto da sembrare davvero una sua
versione giovanile. E' un piacere vedere che gli attori bambini non
sempre diventano dei mostri, crescendo, e l'ex interprete di
Neverland, La fabbrica di cioccolato e gli Arthur di Besson è
diventato veramente, ma veramente bravo. 10 episodi nella prima
stagione, già rinnovata per una seconda.
E' bello che questi serial killer
letterari e cinematografici tornino, di tanto in tanto, a farci
visita, e che la tv sia capace di fare quello che al cinema non
riesce: immergerli nei nostri tempi senza mancare di rispetto a loro,
ai loro creatori e ai fan. E per stavolta è davvero tutto, passo e chiudo.