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domenica 12 maggio 2013

 A VOLTE RITORNANO

 Pensieri seriali di una blogger in affanno

 



Mamma mia, quanto tempo che non ci vediamo! Com'è che si dice in questi casi? Ho avuto tanto da fare. E in effetti è così. Ho scritto di più per il sito di Coming Soon e qualche piccola cosa, con mia grande soddisfazione, anche per "Film Tv", oltre alla solita lotta contro il tempo che manca, i mezzi pubblici e la sopravvivenza quotidiana in una Roma sempre più matrigna, i problemi della figlia preadolescente e i soliti casini assortiti, e siamo già arrivati a metà maggio.

Probabilmente per portare avanti un blog con una certa continuità non bisogna scrivere per lavoro. Dal momento che io, nel mio pochissimo tempo libero, devo vedere film e serie tv, leggere, scrivere e tenermi informata, alla fine il blog-diario è il primo a essere sacrificato. Ma a me piace condividere le mie passioni, e questo è il mio spazio privilegiato per farlo, per cui cerco di riprendere le fila del discorso, se non vi dispiace.

E sono lieta di iniziare con un annuncio ufficiale, che alcuni di voi già hanno ascoltato: per un puro caso, quasi in contemporanea con l'autobiografia di William Friedkin e il Leone d'Oro alla carriera che riceverà finalmente a Venezia, a gennaio 2014 uscirà in ebook e ad un prezzo assolutamente economico, la mia monografia a lui dedicata, aggiornata e con delle novità. Per tutti quelli che me l'hanno chiesto nel corso degli anni, dunque, ecco qua: "Friedkin. Il brivido dell'ambiguità", prossimamente su tutti i Kindle e gli iPod.
E dal momento che i cadaveri a forza di aspettare sulla riva del fiume iniziano a passare, sono tornata in possesso anche dei diritti del mio "Ciak si trema", proprio quello che ha dato origine a questo blog, che inizierò ad aggiornare in previsione di un'uscita in ebook che mi permetterà finalmente di correggere tutti gli errori storici e quello che non posso vedere dell'edizione cartacea: a partire dalla copertina e dalla dedica a una persona che non la meritava. Detto questo, torniamo a parlare di visioni.

Allora, le mie passioni televisive principali in questi 2 ultimi mesi sono state sicuramente Bates Motel e Hannibal. Su quest'ultimo leggerete un pezzo introduttivo su "Film TV", mentre ne parlerò più approfonditamente alla fine della prima stagione, che spero vivamente non sia l'ultima, visto che Bryan Fuller (Dead Like Me, Pushing Daisies, Waterfalls, insomma ci siamo capiti no?) è perseguitato – come molta gente troppo creativa - da una specie di maledizione per cui gliene concedono al massimo due.

Sono poi arrivata alla fine della sesta, ottima stagione di The Mentalist (Red John ti mette le ali), e sto seguendo la seconda, altrettanto ottima, di Grimm. E poi c'è stata la riscoperta di Game of Thrones, che dopo due stagioni per me non entusiasmanti, pare aver preso veramente il volo con le prime sei puntate della terza, diventando al tempo stesso più cattiva, più appassionante, più sorprendente: chapeau! E' stato bello poi ritrovarci Iwan Rheon, dopo Misfits, nel ruolo di un sadico torturatore.

 E a proposito di quest'ultimo attore (salto di palo in frasca, ma così sarà quasi tutto questo post, come una serie di appunti) lo abbiamo rivisto anche nella sitcom inglese Vicious, nel ruolo del vicino di casa etero, vestito con improbabili pullover aderenti anni Settanta.
Ecco, anche su questo show voglio spendere due parole, anche perché non ho ancora capito se mi piace o no, però continuerò a guardarlo, e ora vi dico il perché. La struttura è quella della tipica sitcom: 20 minuti di durata, unico ambiente o quasi, e protagonista è una coppia attempata, bitchy e grumpy che non si risparmia cattiverie tremende. Nulla di che, se non fosse che il duo in questione è composto da Sir Ian McKellen e Sir Derek Jacobi, due grandissimi attori inglesi ultrasettantenni, che con gusto perverso mettono in scena una coppia di gay che vive insieme da 48 anni senza più sopportarsi. Sono tanto cattivi e sopra le righe che a volte viene da chiedersi come sarebbe stato accolto lo show se a interpretarlo fossero stati due attori etero e non due dichiarati omosessuali come loro. Gusto rétro e cattivo gusto si sposano in un matrimonio agrodolce che lascia un po' di imbarazzo in chi ride, visto che sembra di assistere, non invitati, alle diatribe private di due persone condannate a condividere la vita senza nulla in comune (come in un normale matrimonio medio, insomma).

Ma torniamo a bomba, al fantastico e al discorso dei prequel. Al cinema non funzionano quasi mai: c'è poco tempo e modo di approfondire, e quindi nella migliore delle ipotesi si resta insoddisfatti, ma in tv è tutto un altro paio di maniche. Dicevamo di Bates Motel, creato da Carlton Cuse per A&E, e ispirato sia al personaggio di Robert Bloch che al film di Hitchcock, e che mi ha piacevolmente sorpreso. Chi se ne frega se è ambientato ai tempi nostri, in un'altra località, e se Norman e la madre usano il cellulare. Il Motel è proprio quello e gli autori hanno fatto un grande sforzo di immaginazione nel mostrarci un adolescente problematico e nel dipingere il suo rapporto con la madre e il fratellastro maggiore. 

La storia è semplice: dopo la misteriosa morte del violento marito, la bella vedova Norma Bates si trasferisce col figlio a White Pine Bay, una cittadina costiera dell'Oregon, dove ha comprato coi soldi dell'assicurazione del defunto un motel dall'aria sinistra e piuttosto malandato, che inizia a ristrutturare. Non è la prima volta che la piccola famigliola cambia residenza, e Norma è iperprotettiva nei confronti del figlio diciassettenne, mentre non vuole saperne del maggiore che a un certo punto li raggiunge. 
Ma anziché l'inizio di una nuova vita, il trasferimento segna una discesa nell'incubo per i tre. Senza spoilerare niente, vi diciamo solo che la pacifica cittadina nasconde mostri alla Twin Peaks (le cui atmosfere sono volutamente ricordate), c'è un giro pesante di droga e schiavitù sessuale, Norman conosce in senso biblico la sua prima bionda, ha un'amica gravemente malata ma piena di vita, impara la tassidermia. E molto, molto altro. Gli attori sono davvero bravi e belli, da Vera Farmiga (un'attrice che ci è sempre sembrata antipatica e che mette a servizio della storia questa sua caratteristica) al protagonista Freddie Highmore, alto, magro e impacciato come Anthony Perkins, tanto da sembrare davvero una sua versione giovanile. E' un piacere vedere che gli attori bambini non sempre diventano dei mostri, crescendo, e l'ex interprete di Neverland, La fabbrica di cioccolato e gli Arthur di Besson è diventato veramente, ma veramente bravo. 10 episodi nella prima stagione, già rinnovata per una seconda.
E' bello che questi serial killer letterari e cinematografici tornino, di tanto in tanto, a farci visita, e che la tv sia capace di fare quello che al cinema non riesce: immergerli nei nostri tempi senza mancare di rispetto a loro, ai loro creatori e ai fan. E per stavolta è davvero tutto, passo e chiudo.