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martedì 27 novembre 2012

Vi piace il fantasy?
 

Confessioni di una Tolkieniana quasi pentita


Già vi sento: “ma qua non si doveva parlare solo di horror? Che c'entrano elfi, orchi e principesse? Che noia!”. Apettate un momento: so che in genere chi ama il fantasy non ama l'horror, e viceversa. Ma sono due argomenti che hanno qualcosa in comune, perché suscitano le reazioni più estreme, di segno opposto e contrario. E il successo di una serie come Il trono di spade mi ha spinto a riaffrontare l'argomento.
Nell'estate dei miei 20 anni o giù di lì, lessi Il signore degli Anelli nella vecchia edizione Rusconi. Lessi è inesatto: diciamo che per un mese dimenticai tutto quello che avevo intorno e mi immersi in un mondo di incredibile interesse e profondità. Da allora lessi tutto quello che Tolkien aveva lasciato di edito e di inedito, in qualche caso non capendoci un accidenti, data la frammentarietà del materiale rimasto. Rilessi due o tre volte in lingua originale The Lord Of The Rings, poi anche l'Edda di Snorri e tutto quello che aveva a che fare col mondo degli dei nordici a cui J. R.R. Tolkien si era ispirato. Quando a Roma fondarono la Società Tolkieniana ovviamente non potevo mancare. Andai all'incontro di presentazione, dove - erano altri tempi ed ero più sanamente incazzereccia - contestai il critico Gianfranco De Turris, che non faceva che ripetere che Tolkien l'aveva scoperto la destra (In Italia purtroppo è vero, ricordate i campi Hobbit? No? Fatevi una ricerca su google) e faceva parte della loro cultura. Siccome si sapeva benissimo che Tolkien odiava il nazismo e in America, guarda caso, era stato preso come simbolo della controcultura libertaria, a un certo punto intervenni e dissi la mia su questa appropriazione indebita dello scrittore. Ricordo che dopo aver parlato mi guardai intorno e vidi che ero l'unica donna in una stanza piena di baldi giovani aderenti di Forza Nuova o Ordine Nuovo o qualche cavolo di organizzazione di destra: pensai che l'avevo scampata bella e che quello non era il posto per me.

Nonostante questo incidente di percorso, l'amore per l'opera tolkieniana proseguì, e quando scoprii che Peter Jackson, uno dei miei registi preferiti, l'avrebbe finalmente trasposta sullo schermo in una trilogia (non parliamo della deludente versione animata di Ralph Bakshi), pensai che avevo un motivo in più per vivere. Amai i primi due film, e per il terzo ebbi la gioia di andare a Berlino a incontrare attori e regista in occasione dei junkets europei. Poi gli Oscar, l'entusiasmo per le extended editions ecc.Infine, pian piano, tutta questa passione mi è un po' passata.
Amavo talmente tanto il fantasy da avere iniziato a scrivere un romanzo di genere, una cosa penosa che ha letto solo qualche amica e che sono felice di non aver concluso. E avevo letto, sulla scia di quest'amore, altre saghe bellissime come quella di Taran di Prydain (quella del disneyano Taron e la pentola magica), oltre a tutte le varianti possibili e immaginabili del ciclo arturiano: i romanzi di Mary Stewart, quelli di Mary Zimmer Bradley, The Once and Future King di T.H. White, ecc. ecc.

Alla fine, lo confesso, il fantasy in quanto tale mi ha un po' stuccato, come mi capita regolarmente di fronte alle pietanze con troppi ingredienti. E – qui lo dico e qui lo nego - al momento non ho nessuna voglia di vedere la trilogia de Lo Hobbit. Temo che, a Peter Jackson, Tolkien stia facendo lo stesso effetto che a George Lucas ha fatto il mondo di Star Wars, che ha tra l'altro inventato lui stesso: quando si crede troppo ad un universo di fantasia, si finisce per gonfiarlo a dismisura, con il rischio che ti esploda in mano. Se da un libro di poco più di 300 pagine, dichiaratamente per ragazzi, si decide di trarre tre film, a mio avviso c'è qualcosa che non va.
Comunque, lasciando a Jackson il beneficio del dubbio (e se non lo lasciamo a lui a chi altri?), spinta dall'entusiasmo generale ho visto le due prime stagioni di Il trono di spade, e l'ho trovato un prodotto estremamente ben fatto, recitato benissimo e con alcune delle morti più realistiche e spettacolari mai viste sullo schermo. Per curiosità, ho deciso di leggere anche il romanzo di George R.R. Martin e mi sono stupita moltissimo nel vedere come, sul modello dei film da Harry Potter di J.K. Rowling, gli autori avessero trasposto sullo schermo fedelissimamente intere scene e dialoghi, pagina per pagina, tanto che mi sembrava quasi di leggere il libro tratto dalla serie, e non viceversa.

E poi, per quanto ci si sforzi di creare nuovi mondi, la Terra di Mezzo resta il modello ancora ineguagliato. Lo stesso Martin non sfugge alle citazioni e agli omaggi, creando ad esempio con Sam e Jon una coppia analoga a quella formata da Sam e Frodo. Certo c'è anche molto altro in questo caso, le figure femminili sono più presenti e importanti, e dunque vedrò sicuramente anche la terza serie. Ma quanto si può ricamare e variare sul tema del Medioevo prossimo venturo? Sotto le sfarzose vesti e i sanguinari complotti dei Lannister, batte lo stesso cuore nero che ha dato vita ai Borgia e a tutte le spietate famiglie della storia. Non so a voi, ma a me, dopo un po', il senso di déjà-vu lascia spazio alla noia.


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