Dov'eravamo rimasti?
Quel che resta dell'horror
Pensavo al titolo di questo capitolo
del mio Ciak si trema, un libro nato nel dolore e funestato da
vari orrori, in gran parte indipendenti dalla mia volontà (anche se
son tutti figli miei, non gli sono particolarmente affezionata e gli preferisco quello su Friedkin).
Ma i titoli delle voci, che ho scelto io, mi piacciono. Quasi tutti. Siccome mi mancava un argomento che iniziasse con la lettera Q, e
non tutti i film che amavo potevano essere ricondotti a un tema, mi venne
l'utile idea di parafrasare Quel che resta del giorno, il – per me – soporifero film di
James Ivory, e buttarci dentro un po' di tutto, da Stephen King a
Lovecraft e Topor.
Oggi torno spesso a chiedermi cosa resti di valido dell'horror cinematografico (sul versante letterario le cose vanno un po' meglio), ma non ho ancora ho trovato una risposta.
Oggi torno spesso a chiedermi cosa resti di valido dell'horror cinematografico (sul versante letterario le cose vanno un po' meglio), ma non ho ancora ho trovato una risposta.
Quella che segue è una storia vera, accaduta nel nostro paese. Un convento del Sud ospita una decina di suore anziane, sui 60/70 anni. La Madre Superiora e la sua vice, insieme a un sacerdote, lo trasformano in
una specie di lager, dove queste poverette vengono affamate,
picchiate, violentate e filmate. Alla fine, una delle prigioniere
riesce a denunciare il caso, e le vittime vengono trasferite al nord. Siccome, come nel caso dei preti
pedofili, questi crimini non vengono giudicati dalla giurisdizione civile, ma
da quella vaticana, il giudizio nel processo viene affidato a
un cardinale che ha dei trascorsi da molestatore sugli autobus. Esaminate le
prove, le foto, i filmini ecc, questo specchiato religioso dichiara
che il fatto non sussiste (I diavoli di Ken Russell al contrario, in
pratica). Le povere schiave col velo devono tornare al convento di
appartenenza, la badessa e la sua vice vengono reintegrate e possono tornare a violentarle, e il prete coinvolto viene promosso ad
un'alta carica.
E poi c'è un'altra storia, che almeno è finita sui giornali: due donne, madre e figlia, spariscono all'improvviso, ma il marito e padre delle due, direttore sanitario del carcere di Poggioreale, non ne denuncia la scomparsa, così come il genero, e nessuno, ma proprio nessuno, fa qualcosa in merito. Fino a che, 8 anni dopo, il cognato del medico presenta denuncia ufficiale, intervengono i carabinieri e scoprono, sotto un'intercapedine nella villetta dell'uomo, i resti delle due poverette. Siamo a Castel Volturno, non a New York. Dove due donne normali, con conoscenti, amici e colleghi, possono sparire nel nulla senza che nessuno dica o faccia niente.
E poi c'è un'altra storia, che almeno è finita sui giornali: due donne, madre e figlia, spariscono all'improvviso, ma il marito e padre delle due, direttore sanitario del carcere di Poggioreale, non ne denuncia la scomparsa, così come il genero, e nessuno, ma proprio nessuno, fa qualcosa in merito. Fino a che, 8 anni dopo, il cognato del medico presenta denuncia ufficiale, intervengono i carabinieri e scoprono, sotto un'intercapedine nella villetta dell'uomo, i resti delle due poverette. Siamo a Castel Volturno, non a New York. Dove due donne normali, con conoscenti, amici e colleghi, possono sparire nel nulla senza che nessuno dica o faccia niente.

E' un esempio un po' estremo, certo, ma per me è una buona summa di quello che è diventato l'horror contemporaneo: tra questo e la realtà delle due storie precedenti, cosa vi fa più paura? Non potete certo darmi torto se American Horror Story – Asylum inizia a sembrarmi una storia vera, e se nel nuovo Medioevo che stiamo vivendo mi è sempre più difficile trovare una storia “all'altezza” dei suoi modelli reali.
Se dovessi – Dio me ne scampi –
aggiornare per una terza edizione Ciak si trema, a parte rifare
quella ridicola copertina (la storia qua, purtroppo con le immagini
misteriosamente scomparse:
http://ciaksitrema.blogspot.it/2007/10/storie-di-copertina-ultima-parte.html#links),
cosa salverei di questi ultimi sei anni? Ci penso, e ve lo dico la
prossima volta. Intanto, se avete qualche idea, fatemelo sapere.
4 commenti:
E’ vero, l’horror va aggiornato. Oggi la realtà ci sbatte in faccia a pixel elevati il sadismo quotidiano all’ora di pranzo. Mangiamo con Gheddafi tramortito e agonizzante davanti. I morti ammazzati non sono comparse hollywoodiane ma esseri umani che in tempo reale si offrono in una sequenza splatter senza fine.
La sorpresa angosciante dei personaggi di Hitchcock di fronte alla scoperta del delitto efferato non può più provocarci così facilmente. Si sussulta, piuttosto, di fronte ad “un giorno di ordinaria follia letto sulle cronache dei giornali.
Credo che ci siano due modi di sviluppo per l’horror: una sempre più accurata esposizione dei particolari, col rischio di saturare l’attenzione dello spettatore, oppure focalizzarsi sulla ricerca dell’atmosfera del contesto horror. L’esempio, da “The Blair Witch Project” a “The Fades”, ci indica che forse si dovrebbe includere quanto più si può ciò che non si vede (in quanto collocato nelle nostre paure) e che fa più paura del visibile. E poi, naturalmente, zombies tutta la vita!
Grazie alla nostra Michelle per il suo, al solito, puntuale e intelligente intervento. Alla faccia di chi dice che le donne non amano o non capiscono l'horror. Zombie forever!
"Cosa salverei di questi ultimi sei anni? Ci penso, e ve lo dico la prossima volta".
Daniè, proposta ambiziosa e stimolante la tua. Che andrebbe rivolta anche a noialtri che ti leggiamo e gradiamo l'esegesi delle tue visioni. C'è da pensarci su un bel po' in effetti.
Bellecose.
Kurando.
Egregio dottore, è un piacere e un onore sentirti e ospitarti, tu che mi ricordi tempi più felici e che spero anche di ritrovare di persona. A presto!
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