UOMINI E COCCODRILLI
Addio a Michael Winner, gourmet extraordinaire
C'è
una premessa indispensabile a quanto scriverò stasera. Nella
redazione di Coming Soon Television, dove, da oltre 12 anni, espleto le
variegate funzioni che mi permettono di portare a casa la pagnotta,
mi conoscono come “la donna dei coccodrilli”. Se non sono io ad
accorgermene per prima, i miei colleghi mi guardano con l'espressione
sorniona di chi sottintende – e a volte ci scherziamo pure su -
“guarda che anche oggi ti tocca il Morto”. Ora, vorrei che fosse
chiaro che non mi piace scrivere coccodrilli, o meglio: non mi piace
farlo per artisti che non mi hanno mai detto niente, che non hanno
toccato con la loro opera la mia vita, le mie esperienze giovanili o
della maturità. Qualcuno mi ha detto che i miei necrologi piacciono
perché sono scritti col cuore: ma questo mi è possibile solo per
chi questo cuore ha fatto battere e questa passione suscitato. A
volte si tratta di “brevi incontri” che mi hanno lasciato
qualcosa, altre di amori lunghi una vita, e come si fa a non dirgli
addio? Io non ne sono capace. Però, se il Morto non lo conosco bene
o non mi sembra uno di famiglia, odio scrivere poche righe frettolose
citando il meglio della sua filmografia, anche se a volte lo devo
fare e lo faccio.
Ieri
sera, prima di andare a letto dopo una giornata al solito frenetica,
morta di sonno e assai rincoglionita, mi era sembrato di leggere su
Twitter un tweet che diceva “Michael Winner RIP”, ma il mio
cervello si è rifiutato di registrarlo. @MrMichaelWinner nel suo
account su Twitter – oggi ancora attivo – si descriveva così:
“sono un regista cinematografico, scrittore, produttore,
smacchiatore di camicie di seta completamente pazzo, dal pessimo
carattere, un esemplare profondamente ridicolo di umanità in deep
shit” (non serve traduzione anche di questo, no?).
Stamani
arrivo in redazione e un collega mi dice che purtroppo è proprio
vero, perciò mi accingo a scriverne ma i Morti non aspettano, e un
veloce necrologio era già stato pubblicato ieri sul sito mentre io
ero impegnata in altre cose. E quindi nulla. Ma a me dispiaceva
lasciarlo così, come il regista della serie de Il giustiziere della
notte, perché su Twitter lo avevo, per così dire, “conosciuto”
umanamente, ne avevo apprezzato il caustico senso dell'umorismo,
scoprendo la persona dietro l'immagine di cattivo ragazzo che gli
piaceva tanto dare di sé e che ne aveva fatto, come personaggio
pubblico, un uomo detestato da gran parte degli inglesi e amato da
una parte altrettanto consistente. Qualche volta gli avevo scritto e
mi aveva anche risposto, sempre con cortesia, come quando gli avevo
dato notizia che un amico italiano, Fabio Zanello, aveva curato un
libro di saggi, il primo, dedicato al suo cinema. Ne era stato molto
felice. Eccolo QUA.


Nel 1972, con Chato, avviene
l'incontro con un altro attore e uomo a lui carissimo, Charles
Bronson. Di lui, e della moglie Jill Ireland, offre un vivido
ritratto, così come degli altri attori, nelle pagine delle sue
ricche e godibilissime autobiografie (Winner Takes All: A Life of
Sorts, 2004, Unbelievable! My Life in Restaurants and Other Places,
2010, e Tales I Never Told, 2011). Con lui realizza appunto il suo
film più famoso, nel 1974, e due sequel. Quando Il giustiziere della
notte arrivò in Italia, io avevo 16 anni. Ricordo benissimo i
dibattiti e le accuse feroci di fascismo che gli vennero rivolte.
Erano anni così.


Ieri
@mrMichaelWinner è scomparso da questa terra, all'età di 77 anni,
nella sua meravigliosa e antica dimora all'interno di Holland Park
(che aveva di recente messo in vendita). Aveva al fianco la compagna
Geraldine, conosciuta e amata all'inizio della sua carriera, tradita
mille volte con donne sempre giovani e bellissime, e sempre
ritrovata. Reduce dall'intossicazione alimentare da cui si era
salvato a stento ma che gli ha divorato il fegato e l'ha pian piano
portato alla morte, con lei si era fidanzato ufficialmente nel 2007 e
sposato a Londra nel settembre del 2011. Testimone di nozze l'amico
di una vita, sir Michael Caine, con la moglie Shakira. Tutte queste
cose le aveva, con gioia, condivise su Twitter.
E'
stato proprio il cibo che amava tanto a uccidere Michael Winner: le
ostriche avariate che gli erano toccate in sorte alle Barbados e poi
la passione per la steak tartare, mangiata troppe volte con un
sistema immunitario già molto indebolito. Sembrava immortale,
quest'uomo ricchissimo, conservatore ma illuminato, che aveva solo
amici famosi e altolocati e che nei suoi Tweet parlava volentieri
delle uscite con una delle sue auto - in genere la Rolls Royce - per
andare a pranzo nei migliori ristoranti, e del suo cinema privato state-of-the-art in
cui da sempre si faceva proiettare in pellicola i film che voleva
vedere, quando non erano ancora usciti in sala.
A
volte aggressivo, ma solo coi tanti imbecilli senza senso
dell'umorismo che girano per la rete e che doveva periodicamente
bloccare, era perfino diventato suo malgrado un paladino dei gay
quando, durante un talk show in cui si discuteva di matrimonio tra persone
dello stesso sesso, aveva elegantemente ed eloquentemente difeso due
signore lesbiche sottolineandone l'estrema dignità, che faceva
apparire il conduttore come lo stronzo che era. Aveva detto più o
meno così. Le controversie lo divertivano, e quando negli anni
Settanta partecipò a un dibattito in cui venne offeso pesantemente da una femminista, solo per aver osato dirigere un film misogino come
Il giustiziere della notte, si limitò a ridere con gli occhi: non si sarebbe mai abbassato a rispondere a una cattiveria con una perfidia.
Ecco,
non avevo intenzione di dedicare tutte queste parole e questo spazio
a un uomo che non ho nemmeno mai incontrato e con cui, a ben vedere,
non ho nulla in comune. Ma è anche questa una prova del suo fascino.
Michael Winner mi piaceva perché era un signore nel vero senso della
parola, innamorato della vita e delle cose belle, generoso senza
fanfare e aperto nei confronti delle persone interessanti, di
qualsiasi estrazione sociale. Un uomo d'altri tempi, che John Landis
nel suo Ladri di cadaveri aveva fatto precipitare in carrozza giù
per un precipizio, senza capire, nemmeno lui, perché c'era gente che
dopo aver visto il film si complimentava per avergli fatto
fare una fine del genere. Di certo Winner si era divertito come un
matto, e, per quanto triste e dolorosa sia una morte (e la sua lo è
stata, se aveva anche considerato di andare in una struttura che lo
assistesse nel trapasso), ci piace ricordarlo con quella faccia da vecchio cattivo, mentre gli occhi ne tradiscono il buonumore. Il suo sembrava l'incontenibile
sorriso di chi ha da tempo scoperto, ma non te lo dirà neanche se lo ammazzi,
l'inafferrabile senso della vita.