Ringrazio Boris per le belle parole e mi prendo la libertà di copiare qui il suo pezzo:
Noir e misteri, ecco il lato oscuro di Hollywood
Daniela Catelli, Sabrina Ramacci e Diego Giuliani. Il triangolo delle Bermuda del cinema italiano. La paura, l'orrore, il mistero sono il loro mestiere. Hanno molto in comune, a partire dalla comune partecipazione alla bella trasmissione radiofonica di critica cinematografica «I visionari» condotta dal collega Federico Raponi. Sono brillanti e indipendenti, pregio raro nella Settima Arte italiana come di chi ne scrive. E soprattutto hanno guardato nel buio oltre la collina di Hollywood, e ora lo possono raccontare. La prima ha scritto «Ciak si trema- Guida al cinema horror» (ed. Costa & Nolan, pagg. 223 ? 16,40). Laddove i (re)censori abbandonano i giudizi per abbracciare i pregiudizi, Daniela sa scorgere arte e vita. Il suo manuale, aggiornamento rivisto e (s)corretto dell'edizione del 1996, ci racconta la paura sullo schermo dalla A alla Z. Gli stereotipi funzionali al genere vengono analizzati rigorosamente e senza facili psicologismi, le case di produzione storiche ricordate, i numi tutelari riconosciuti. Così Catelli scrive del mitico Roger Corman -vate indipendente e commerciale che ha scoperto i maestri della New Hollywood- come pochi altri in Italia, analizza pregi del cinema di paura passato e rileva difetti e furbizie (ma anche barlumi di rinascita) del presente. Lo fa con una prosa impeccabile e avvincente, senza il moralismo bacchettone di chi vede nella violenza e nel sangue cinematografici la ragione di follie ed efferati delitti reali. Bin Laden, Guantanamo e Abu Grahib, non a caso, hanno forse contribuito, come lei stesso fa notare, ad affossare il genere: il Bene e il Male sono concetti troppo ben definiti e faziosi, ormai, per essere oggetto di quell'horror metafora politica e umana del mondo, esorcismo supremo delle proprie emozioni viscerali. Proprio alla realtà, dura e spaventosa, si richiamano Diego Giuliani e Sabrina Ramacci. Il loro «Hollywood criminale» (ed. Newton Compton, pag. 232 ? 14,90) è un viaggio parallelo nella paura, ma fuori dal set. Da più di 80 anni, infatti, la Mecca del Cinema è teatro di delitti, spesso insoluti. La sceneggiatura più avvincente di Hollywood, insomma, l'ha scritta lei stessa: un quartiere di 200.000 abitanti con un'altissima percentuale di fatti di sangue per abitante. Non sono Marylin Monroe e Sharon Tate, la Dalia Nera o la famiglia Brando. La coppia di saggisti, con un lavoro di ricerca e analisi raffinato, tracciano un percorso disseminato di cadaveri eccellenti, raccontandoci questa nera (e vera) Babilonia, specchio di un'America puritana e proibizionista, tra codice Hays e maccartismo. L'anima nera di un paese eccezionale, vittima dei propri eccessi. Leggendo vi perderete nelle storie parallele di vittime e carnefici, nelle epopee tragiche degli ora sconosciuti Roscoe Arbuckle e Ramon Navarro, grandi stelle volutamente cancellate dal firmamento al neon della città degli Angeli. Senza nessuna retorica, con una prosa briosa e a tratti irriverente gli autori, forti di una solida bibliografia e di grande competenza, tracciano un piccolo romanzo storico. Ricordandoci, citando George Reeves, primo Superman televisivo e suicida sospetto, «che vivere a Hollywood ti rende famoso, morirci una leggenda».
Boris Sollazzo
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